Oggi sono intervenuto al convegno “Tra rinnovamento e ripresa: quo vadis Europa?”, tenutosi ai Musei Capitolini, durante cui stato presentato il libro del presidente del Parlamento Europeo, Martin Schulz “Il gigante incatenato”.
Un libro in cui c’è un’analisi estremamente lucida dei progressi compiuti dall’Europa, ma anche delle occasioni mancate. Schulz, nel libro, disegna con realismo gli scenari che si aprirebbero con il fallimento dell’Unione Europea: tornerebbero i nazionalismi, le dogane verrebbero nuovamente chiuse, l’Europa non avrebbe più voce.
Sono stato molto felice della scelta di riunirsi nella sala degli Orazio e Curiazi che non è casuale: in questa storica sala che si trova all’interno del complesso dei Musei Capitolini una firma cambiò il destino dei popoli europei. Era il 25 marzo del 1957 e con la firma del Trattato di Roma veniva istituita la comunità economica europea. Oggi, a distanza di 57 anni da quella data la sala degli Orazio e Curiazi ospita un Europa Unita nella diversità.
In questi ultimi tempi abbiamo spesso ascoltato dichiarazioni che mettono in discussione il progetto dell’Unione Europea, e non solo da parte di esponenti politici. Ci sono anche cittadini che iniziano a manifestare i loro dubbi. Con l’approssimarsi delle elezioni europee, nella situazione continentale di una crisi che è strutturale e non congiunturale, chi mina il sogno europeo ci espone a un rischio drammatico: il rischio di una involuzione inaccettabile.
Proprio ieri a Bruxelles, durante la riunione con 28 sindaci delle Capitali europee, abbiamo indicato quattro punti da sviluppare durante i lavori che porteremo avanti le prossime settimane, e che si concluderanno con un’importante riunione in autunno a Roma: alloggi sociali, tpl, efficienza energetica e la gestione dell’acqua e del ciclo dei rifiuti. Abbiamo pensato che su questi argomenti possiamo coordinare dei progetti che raccolgano tutte le capitali europee e chiedere quindi più di quel 5% di fondi strutturali che in questo momento ci è stato garantito dal commissario Hahn. I sindaci vorrebbero arrivare almeno al 10%.
Si tratta di un lavoro in cui le città a partire dalle capitali contino di più nell’agenda europea.