Scavi archeologici in via Alessandrina e il parco archeologico di Roma

L’annuncio del proseguimento degli scavi archeologici in via Alessandrina mi spinge a una riflessione dal momento che il denaro con cui vengono eseguiti deriva da una donazione del presidente dell’Azerbaijan che cercai con una precisa visione del parco archeologico di Roma. Certo sorprende che milioni di Euro che ottenni da donazioni private nel 2014 siano rimasti inutilizzati per 4 anni, ma è comunque una bellissima notizia l’annuncio che adesso riprenderanno gli scavi archeologici nel parco archeologico di Roma. Speriamo che tra l’annuncio e il termine degli scavi archeologici non trascorrano altri 4 anni.

Ho sempre considerato gli scavi archeologici la più grande ricchezza di Roma. Se si investisse sugli scavi archeologici e sul parco archeologico di Roma non solo Roma consoliderebbe la sua posizione centrale nella storia dell’umanità ma l’economia della città si arricchirebbe in modo straordinario. Il risultato che io volevo ottenere con la ricerca di mecenati era quello di rimettere Roma al centro del mercato internazionale e del turismo culturale rendendo più attraente la città per gli investitori che ne riconoscono le potenzialità comunicative.

Quale deve essere il rapporto tra pubblico e privato sul fronte della cultura è un tema antico. Tuttavia se oggi non troviamo una strada sarà sempre più difficile fare cultura nei prossimi anni. Non è più l’epoca della cultura completamente gestita con risorse pubbliche. Con il denaro pubblico riaprii nel 2013 via Alessandrina, arredandola, pulendola e illuminandola, consentendo così un meraviglioso affaccio sui Fori imperiali. Ma non bastava, e quindi, immediatamente dopo, mi impegnai a convincere il presidente dell’Azerbaijan a donare un milione di Euro per la ripresa degli scavi archeologici che in passato avevano consentito il recupero di parti di una colossale statua di Augusto.

In una stagione difficile e di grandi cambiamenti come quella che stiamo vivendo sarebbe un errore contrapporre la dimensione pubblica dei beni culturali a quella privata. Una cultura ricca, polifonica, diversificata, non può in questo momento fare a meno dell’imprenditoria privata. Per almeno due motivi.

Il primo, più ovvio, è quello della necessità per una città antica come Roma di conservare e proteggere il suo patrimonio. Nei miei ventotto mesi di governo la collaborazione con il mondo aziendale ha generato atti di mecenatismo per restaurare e far vivere nuovamente luoghi che sono il biglietto da visita della nostra città nel mondo. Due nomi su tutti: la maison Fendi che con il progetto Fendi For Fountains ha permesso di restaurare la Fontana di Trevi e il complesso delle Quattro Fontane, vicino al Quirinale. Inoltre, la maison Bulgari ha finanziato con un milione e mezzo di euro il restauro della scalinata di Trinità dei Monti. Io provo un senso di gratitudine profonda nei confronti di Roma che mi ha permesso di lavorare per questi obiettivi e mi ha dato l’autorità di chiudere al traffico via dei Fori imperiali e piazza di Spagna.

Durante lo stesso periodo mi occupai di tre progetti resi possibili dalla donazione di due milioni di Euro che siglai con Alisher Usmanov, imprenditore russo e presidente della Federazione mondiale della scherma: il restauro della fontana dei Dioscuri in piazza del Quirinale, la sala degli Orazi e Curiazi, dove il 25 marzo 1957 vennero firmati i trattati che istituirono la Comunità economica europea. E infine, l’innalzamento di quattro colonne in granito e tre in marmo cipollino nella navata centrale della basilica Ulpia del foro di Traiano. Conobbi Alisher Usmanov durante una cena a Roma e trascorremmo la sera a discorrere di scienza e arte. La vicenda delle colonne in granito e marmo cipollino merita un racconto preciso. Mesi dopo la nostra cena dell’autunno 2014, mentre mi preparavo per un incontro con il presidente dell’Azerbaijan con il quale, come accennavo prima, siglammo un accordo culturale che regalò a Roma un milione di Euro per la ripresa degli scavi archeologici in via Alessandrina, mi tornò in mente la cena e la promessa di donazione di Alisher Usmanov. Mi chiesi se quella donazione fosse poi stata appropriatamente utilizzata e valorizzata. Nessuno ne sapeva nulla. Mi arrabbiai davvero molto e chiesi che si verificasse immediatamente in assessorato, in sovrintendenza, in ragioneria. Dopo diverse ore ottenni un foglio che indicava una transazione avvenuta il 23 dicembre 2014, da Mosca a Roma, con la causale che indicava “Alisher Usmanov: donation as per agreement”. Rimasi di stucco: Alisher Usmanov aveva versato mezzo milione di Euro nel conto del Comune di Roma e nessuno se ne era accorto, nessuno me lo aveva segnalato, nessuno aveva chiesto le ragioni. Nessuno nella banca, nessuno in ragioneria, nessuno in assessorato, nessuno in sovrintendenza. Telefonai subito ad Alisher Usmanov e iniziai a raccontargli come avremmo restaurato la sala degli Orazi e Curiazi e la fontana dinanzi al Quirinale con la sua donazione. Gli raccontai anche del progetto di innalzare due ordini di colonne nel foro di Traiano con un fregio che era al suolo da oltre mille anni. Alisher Usmanov si interessò all’idea al punto che offrì di sostenere anche l’anastilosi delle colonne. Lo invitai a cena a Roma (una di quelle per cui finii sotto indagine) e poche settimane dopo, in una bella serata primaverile, Roma ricevette una donazione di un altro milione e mezzo di Euro. Entro dicembre 2016 il parco archeologico di Roma si sarebbe dovuto arricchire di due ordini di colonne alte quasi quanto la metà della colonna di Traiano, ma purtroppo questo non è ancora avvenuto nonostante il Campidoglio abbia da quasi 5 anni il denaro sul proprio conto corrente. Soprattutto, se si considera che in pochi mesi, nel 2015, riuscii ad arricchire il parco archeologico di Roma con il progetto di anastilosi del Tempio della Pace, l’innalzamento di sette colonne in granito rosa di Assuan (Egitto) che oggi permette ai romani e ai turisti che si affacciano da Largo Ricci di rivivere la maestosità di quel luogo.

Ho fortemente voluto che il mecenatismo divenisse un motore fondamentale per la cultura a Roma e non è certo un problema che questi progetti vengano annunciati e inaugurati da chi mi è succeduto perchè non sono progetti di una persona ma progetti di Roma. La cultura di una città non può limitarsi alla sola conservazione. Ecco il secondo motivo del necessario rafforzamento del rapporto tra pubblico e privato: la produzione culturale. Amministrare la cultura in una città come Roma non significa solo prendersi cura di quello che ci è stato lasciato in dote da chi è venuto prima di noi, ma anche avere idee e proposte che sappiano guardare al futuro. Questa è una responsabilità del Sindaco ed è anche in quest’ambito che il circolo pubblico-privato deve divenire sempre più virtuoso.

Autore dell'articolo: Ignazio Marino