Non chiamatele primarie all’americana ITALY IS NOT USA

Pd e M5S le riproporranno in Sicilia. Ma paragonarle a quelle utilizzate negli Stati Uniti, dove da circa un secolo vengono gestite dallo Stato e non dai gazebo dei partiti, è sbagliato. Ecco perché

Due settimane fa mi sono recato presso il mio seggio elettorale a Philadelphia per scegliere, attraverso le primarie, i candidati per la posizione di Governatore e per alcune cariche del Parlamento dello Stato della Pennsylvania.

Negli Usa le primarie sono utilizzate da circa cento anni per selezionare la classe dirigente, compreso il candidato alla Presidenza del Paese. In Italia sono state introdotte dai partiti di centro-sinistra nel 2005 e sono descritte come un modello di selezione dei candidati ispirato al modello americano.

Di recente il Pd e il M5S hanno dichiarato che utilizzeranno le primarie per la scelta del candidato Governatore in Sicilia e che questo avverrà con un percorso rinnovato, davvero “all’americana” che durerà diversi mesi.
Questa narrazione è sciatta e anche falsa.
Le primarie che durano mesi negli Usa sono solo quelle per la selezione del candidato alla Presidenza: un meccanismo molto articolato che coinvolge i candidati di entrambi i partiti, democratico e repubblicano, e viene condotto Stato per Stato, in tempi successivi, iniziando dall`Iowa. Il dibattito tra i candidati dura circa sei mesi e coinvolge tutti i cinquanta Stati.

Già da questo si comprende che le primarie in Sicilia, definite dai media italiani “all’americana”, non siano assimilabili al modello Usa. Ciò che potrebbe essere creato per la selezione della classe dirigente siciliana e del candidato presidente della Regione (se si volesse “fare all’americana”) è una tornata elettorale primaria, condotta mesi prima delle elezioni. Tuttavia, rimarrebbe una differenza sostanziale: le primarie Usa vengono gestite dallo Stato e non dai gazebo dei partiti.

Ho partecipato da elettore a molte primarie Usa, dal 1999 ad oggi, e da candidato a due elezioni primarie in Italia: nei 2009 per la segreteria del Pd e nel 2013 per la candidatura a sindaco di Roma.
Il fatto che negli Usa le schede siano distribuite dallo Stato negli stessi seggi elettorali e con gli stessi rigorosi controlli utilizzati per le elezioni tradizionali rende il sistema più affidabile e trasparente.

In Italia, ad esempio, per la elezione primaria del candidato alla segreteria del Pd, la raccolta delle schede e la verifica del voto è gestita dall’organizzazione del segretario in carica anche se è egli stesso un candidato.

Sono sicuro che la maggioranza dei votanti alle primarie del 2009 volesse eleggere chi le vinse. Tuttavia, io avrei voluto esercitare un controllo sul conteggio dei voti ma esso avvenne in stanze chiuse del partito e quando richiesi l’accesso mi dissero che non era consentito.

Nel 2013, stravinsi le elezioni primarie a candidato sindaco di Roma ma, memore dell’esperienza passata, chiesi e ottenni che in ogni luogo in cui venissero raccolti i voti e poi aperte le schede vi fossero almeno due rappresentanti indicati da me. Tuttavia, anche questo è un metodo artigianale e imperfetto.

Se davvero si vuole affidare al popolo la scelta dei candidati occorre chiedere con una legge al ministero dell’Interno la gestione dei seggi e il conteggio delle schede.

Migliorerebbero i temi del dibattito pubblico, la qualità dei candidati e il loro legame con i cittadini, anziché con il segretario del partito. Ma le primarie diventerebbero davvero uno strumento contendibile e temo che questo possa essere né auspicabile né desiderabile dai partiti italiani.

Ignazio Marino

Autore dell'articolo: Ignazio Marino