Trasporti e fondi statali, Roma penalizzata: le responsabilità di Zingaretti

di Ignazio Marino*

Roma, il trasporto pubblico locale sottofinanziato 

L’ottimo articolo pubblicato su affaritaliani.it il 25 Maggio 2023 dal titolo “Trasporti: rubati a romani 36 miliardi” descrive un comportamento illegale della Regione Lazio nei confronti della Capitale d’Italia. Ho usato l’aggettivo illegale perché è contro le leggi dello Stato sul trasporto pubblico, ma dovrei aggiungere anche violento e vessatorio nei confronti di chiunque si affidi al trasporto pubblico a Roma. La Regione Lazio da oltre 15 anni è colpevole del sotto finanziamento del trasporto pubblico di Roma. Alcuni numeri descrivono la situazione meglio di tante parole.

I soldi per i trasporti pubblici a integrazione del costo del biglietto, che in Italia è mantenuto al di sotto del costo reale del servizio (per garantire anche ai meno abbienti il diritto a spostarsi), derivano dallo Stato attraverso il Fondo Nazionale Trasporti. Il Lazio riceve dallo Stato 576 milioni di euro all’anno, la Lombardia 853. Roma ha un territorio di 1.285 chilometri quadrati, Milano 703. Nell’anno 2014 Roma ha ricevuto dalla Regione Lazio 140 milioni di euro, mentre la Regione Lombardia ha destinato a Milano più del doppio, 285 milioni di euro. Addirittura, il finanziamento destinato a Roma dalla Regione Lazio al momento in cui fui eletto sindaco, nel 2013, era pari a zero euro! Zero euro per il trasporto pubblico della Capitale.

Come era possibile che i diversi livelli di governo, nazionale, regionale e comunale si fossero disinteressati di Roma al punto di non finanziare autobus, tram e metro? Ero e sono convinto che la soluzione non possa essere solo economica ma anche strutturale. Roma ha diritto di avere una quota del fondo nazionale per il trasporto pubblico. Per questo proposi ad alcuni senatori di scrivere una norma da inserire nella legge di stabilità del 2014 e risolvere per sempre il problema.

Roma avrebbe avuto ogni anno quanto le spettava per far funzionare autobus, tram e metro senza doversi presentare con il cappello in mano dinanzi al presidente della Regione Lazio per ottenere ciò che le leggi prevedono ma non garantiscono. Convocai una riunione con il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti e il presidente della commissione trasporti della Camera dei Deputati Michele Meta per informarli.

Vennero in Campidoglio nell’autunno del 2013 e quando io proposi di modificare le modalità di finanziamento dei trasporti di Roma con uno stanziamento diretto dello Stato, senza la Regione come intermediario insolvente, la riunione divenne molto tesa per la netta opposizione di Nicola Zingaretti, che preferiva non cambiare nulla e lasciare che le somme transitassero dallo Stato alla Regione e dalla Regione al Comune, e l’imbarazzo del deputato Michele Meta (presidente della commissione trasporti della Camera dei Deputati) che suggerì una non meglio precisata soluzione politica. Ne rimasi frustrato e incredulo: possibile che nessuno comprendesse quanto sia strategico per l’Italia e per Roma il trasporto pubblico della Capitale? Diedi fiducia alle loro parole e sbagliai.

Mi fidai della promessa di affrontare e risolvere il problema dei flussi di denaro dalla Regione al Comune nel settore dei trasporti entro la primavera del 2014. È ormai terminata la primavera del 2023 e nulla è stato fatto: mi rammarico, oggi, della mia incapacità di allora di comprendere che gli impegni presi da diversi rappresentanti della politica non sono come quelli presi nel mondo normale, dove a una stretta di mano e un’affermazione conseguono dei fatti. Nel 2013, al momento della mia elezione a Sindaco, trovai l’ATAC in stato di pre-fallimento, schiacciata da perdite che negli ultimi cinque anni si avvicinavano al miliardo di Euro. Alcuni osservatori sostenevano che avrei dovuto portare i libri contabili in tribunale e dichiararne il fallimento.

La mia preoccupazione fu invece quella di sanare l’azienda per impedire che tre milioni di cittadini, e tutti i turisti, restassero a piedi. Dal 2008 l’azienda accumulava ogni anno centinaia di milioni di debiti con costi fissi difficili da sostenere e un personale che, anche a causa dell’era dello scandalo di Parentopoli, aveva raggiunto circa 12.000 dipendenti, quasi 1.000 più dell’Alitalia. La legalità era una parola quasi sconosciuta: i principali contratti e servizi erano in proroga, alcuni da anni. Cambiammo subito quest’abitudine e dal luglio del 2013 all’agosto 2015 pubblicammo oltre 5.000 gare, il 95% online. Su oltre 500 milioni di Euro ottenemmo un ribasso medio del 26%.

Nello stesso periodo, il nuovo amministratore delegato chiuse 27 rapporti di lavoro con dirigenti, realizzò una diminuzione di 250 amministrativi, e ottenne una riduzione del 30% delle assenze per malattia. Misure che ridussero il costo del lavoro di 30 milioni di Euro l’anno. Durante la campagna elettorale mi ero recato nelle officine per le riparazioni e avevo notato con stupore che chiudevano dopo l’ora di pranzo. Ne chiesi ragione all’allora amministratore delegato il quale non ebbe altro da dire se non che la mia era un’osservazione interessante.

Dopo il suo allontanamento la manutenzione iniziò a funzionare ventiquattro ore al giorno. Contemporaneamente aumentò la produttività portando le ore di attività dei macchinisti della metro da poco più di 700 a quasi 1.000 l’anno ed esigendo, per la prima volta nella storia di Roma, che timbrassero il cartellino. La produttività dei macchinisti crebbe e raggiunse quella dei macchinisti di Napoli, anche se il mio obiettivo, lo ammetto, era raggiungere quella dei macchinisti di Milano. Appaiono fatti normali ma nella Capitale d’Italia non era mai accaduto con nessun sindaco precedente. Come scritto da Affaritaliani il conto economico soffriva peraltro di crediti miliardari nei confronti della Regione Lazio. Tuttavia, è falso che io non reagii.

Dopo gli inutili tentativi di recupero con il Presidente della Regione Lazio agii nel modo più duro possibile: avviai un’azione giudiziaria per il recupero delle somme sottratte a Roma dalla Regione Lazio. Il recupero anche solo della metà di quelle somme (dovute per legge) avrebbe consentito ad ATAC di ristabilire, in un sol colpo, l’equilibrio economico tanto atteso e quindi la soluzione di gran parte dei propri problemi organizzativi disponendo finalmente di risorse economiche appropriate. Il mio piano prevedeva tre fasi distinte, ciascuna strettamente legata ai risultati della precedente. La prima prevedeva il risanamento economico e finanziario, la seconda il consolidamento dei risultati, la terza, l’autonomia finanziaria e lo sviluppo industriale attraverso una gestione economica dei fattori produttivi e il miglioramento generalizzato dell’efficienza aziendale.

Era il mio progetto per il 2015, l’anno in cui venni allontanato con la famosa vicenda dei Consiglieri del PD in fila da un notaio per farmi cadere. La scommessa che si stava profilando era quella di dimostrare che il trasporto pubblico locale non è sempre sinonimo d’inefficienza, clientele, malagestione e perdita di denaro pubblico. Non è, infatti, un caso che molti operatori stranieri s’interessino al mercato italiano del trasporto pubblico locale.

In ogni caso, alcuni risultati non tardarono ad arrivare. Sia con le banche sia con i principali fornitori si ristabilì il necessario rapporto di cooperazione con il piano di ridurre l’esposizione economica di ATAC, consentendo all’azienda di affrontare quella cronica mancanza di soldi per le riparazioni e la manutenzione di cui soffriva da tempo, con l’auspicio di disporre a breve di adeguati investimenti per il rinnovo del parco automezzi e la riorganizzazione di tutta l’infrastruttura notoriamente in condizioni inadeguate. Auspicio purtroppo rivelatosi vano soprattutto per il venir meno d’impegni che il Governo nazionale e la Regione Lazio avevano assunto in diverse occasioni.

Con il sindacato, dopo lunghe trattative, nel 2015 raggiunsi un accordo in materia di produttività, attraverso il quale l’efficienza aziendale raggiungeva finalmente il livello di quella dei migliori operatori del settore. Questi risultati furono raggiunti malgrado esponenti dell’opposizione e della maggioranza brigassero in senso contrario attraverso contatti diretti con le maestranze, addirittura valorizzando demagogicamente i sindacati minoritari, e delegittimando l’azione manageriale anche con campagne denigratorie. La crisi permanente della quale soffre ATAC e la conseguente questione del trasporto pubblico di Roma non è impossibile da risolvere a patto che Governo nazionale, Regione Lazio e Comune di Roma siano in grado di fare squadra nell’interesse di una città che va sottolineato è la Capitale del nostro Paese.

*già sindaco di Roma

Articolo originale su affaritaliani.it

Autore dell'articolo: Ignazio Marino