Lettera per i dipendenti del Comune di Roma

Carissime e carissimi dipendenti del Comune di Roma,

dopo ventotto mesi il mio lavoro di Sindaco è cessato.

Vi scrivo non soltanto per i doverosi e sentiti saluti e ringraziamenti per quanto fatto insieme, ma anche perché sento il bisogno di chiarire una vicenda molto complessa che ha visto coinvolta l’amministrazione e tutti voi. Mi riferisco, naturalmente, alla questione del salario accessorio.

All’indomani del mio insediamento, ho trovato sulla mia scrivania molti problemi di ordine amministrativo e, con senso di responsabilità, li ho affrontati cercando ogni possibile soluzione. Tutti noi sappiamo che nella Pubblica Amministrazione la legge è la fonte naturale di riferimento.

Il vincolo che ho trovato è la legge in vigore – la 150/2009 (cosiddetta legge Brunetta) – che impone a tutte le amministrazioni di adeguare alle nuove regole, basate su un comportamento meritorio, la contrattazione di secondo livello, ovvero quella decentrata. La precedente amministrazione, purtroppo  sottoscrisse nel 2010 un contratto decentrato senza tener conto delle modifiche introdotte nel 2009 con la legge n. 150. Un atteggiamento, questo, che ha determinato gravissimi problemi con gli organismi di controllo. Il contratto decentrato siglato nel 2010, infatti, oltre a non tener conto delle modifiche normative, confermava vecchi istituti non previsti dal CCNL del 1999 e quindi pesantemente contestati nella relazione degli ispettori del Ministero delle Finanze (MEF) del 2008. Una relazione tenuta nascosta dall’amministrazione Alemanno, che è attualmente oggetto di una pesante contestazione da parte della Corte dei Conti, che imputa a Roma un danno erariale di circa 328 milioni di euro. È bene specificare che la legge 150/2009 faceva decadere, e quindi considerava nulli al 31 dicembre 2012, tutti i contratti decentrati non adeguati alla suddetta normativa. Quando, su mia richiesta, gli ispettori del MEF tornarono nell’ottobre del 2013, non poterono far altro che confermare nella quasi totalità ogni rilievo evidenziato nella relazione inviata nel 2008. La relazione, notificata al sottoscritto nell’aprile del 2014, fu inviata, naturalmente, anche a tutti gli organismi di controllo istituzionali, tra cui la Procura della Corte dei Conti. Tutti conosciamo bene la norma in materia, che prevede che “il pubblico dipendente che provoca un danno patrimoniale alla pubblica amministrazione per cui lavora è obbligato a risarcire l’ente personalmente”. È proprio per evitare ad ogni costo uno scenario del genere che l’amministrazione uscente, con l’aiuto del Vice Sindaco Luigi Nieri, ha lavorato senza sosta.

Come ricorderete, successivamente alla notifica da parte del MEF in cui si ipotizzava un danno all’erario, i dirigenti capitolini preposti alle erogazione degli stipendi si sono trovati nell’impossibilità di continuare a liquidare il salario accessorio così com’era, a meno di non doverne poi rispondere di fronte alla Corte dei Conti individualmente, con il proprio patrimonio personale. Da capo dell’amministrazione e dirigente tra i dirigenti, decisi di affrontare di petto il problema, chiedendo un intervento diretto al Ministero della Funzione Pubblica. Ottenni così una preziosa circolare interministeriale, sottoscritta da tre ministri, che ringrazio, che autorizzava temporaneamente l’erogazione del salario accessorio in favore dei dipendenti capitolini. Solo così è stato possibile non bloccare l’erogazione del salario accessorio in quei mesi di delicata contrattazione sindacale. Gli accordi assunti con il Governo prevedevano, d’altro canto, la conclusione delle trattative sindacali, e quindi la sottoscrizione di un contratto decentrato in linea con la legge, in tempi brevissimi. Concordammo un tempo di 90 giorni, che scadevano il 31 luglio 2014. Le trattative proseguirono a ritmo serrato con l’obiettivo di mantenere invariati i livelli salariali dei dipendenti e adottare un contratto legittimo dal punto di vista normativo e inattaccabile da qualsiasi organismo di controllo. Nonostante gli sforzi dell’amministrazione, purtroppo, non fu possibile raggiungere entro quella data un accordo con le organizzazioni sindacali; fummo perciò obbligati a varare un atto unilaterale, per legge provvisorio. L’atto unilaterale fu assolutamente necessario per mettere, ancora una volta, in sicurezza il salario pieno dei dipendenti, altrimenti sarebbe stato immediatamente decurtato della parte accessoria.  Così, per fortuna, non è stato.

Per continuare a cercare la condivisione con i sindacati, si decise di far decorrere gli effetti dell’unilaterale al 1 dicembre 2014, e successivamente, al 1 gennaio 2015.  In tutti quei mesi mai si sono interrotte le relazioni sindacali. Il confronto è stato costante e serrato e si è protratto spesso per interminabili nottate di lavoro. A tale proposito, voglio ringraziare tutto il personale che si è ripetutamente riunito intorno a quel tavolo: delegati sindacali, dirigenti e dipendenti capitolini. Un lavoro faticoso, ma necessario.

Grazie allo sforzo enorme da parte di tutta la delegazione trattante, all’alba del 6 febbraio 2015 fu raggiunto finalmente l’accordo sindacale. Su richiesta delle organizzazioni sindacali fu siglata soltanto una pre-intesa, da sottoporre al vaglio dei dipendenti capitolini attraverso un referendum. Per quanto ampiamente noti gli esiti della consultazione, io rivendico con orgoglio il contratto sottoscritto quel 6 febbraio. In primo luogo perché, per la prima volta, si creava un sistema che consentiva di utilizzare nella propria totalità il fondo del salario accessorio riservato ai dipendenti capitolini, pari a 157 milioni di euro. In secondo luogo perché finalmente il contratto capitolino risultava allineato al contratto collettivo nazionale e utilizzava istituti legittimi, introducendo un sistema di valutazione dell’attività del dipendente, così come previsto dalla legge 150/2009. Avevamo fra le mani un contratto inattaccabile, che metteva davvero al sicuro gli stipendi dei dipendenti. La vittoria dei no al referendum determinò la decadenza di quella preziosa pre-intesa, facendo restare in vigore l’atto unilaterale adottato provvisoriamente dall’amministrazione che, seppur con alcune parti ancora da rivedere, resta indubitabilmente un atto che ha permesso di mettere in sicurezza il salario accessorio.

Successivamente, mentre le indagini della Corte dei Conti procedevano, altre problematiche emergevano lungo il cammino. Un cammino impervio, che l’amministrazione, però, non si è mai stancata di percorrere. Anche quando si è evidenziato il problema della costituzione del fondo. A tal proposito, voglio ricordare che le regole per la costituzione del fondo risalgono all’ultimo contratto collettivo nazionale del pubblico impiego del 1999, in questo caso piuttosto fallace sin dall’origine e, a parer mio, eccessivamente vessatorio nei confronti dei dipendenti. Per questo decisi di chiedere nuovamente un intervento alla Funzione Pubblica e all’Aran, affinché si pronunciassero attraverso un provvedimento, purtroppo, mai arrivato. Persiste, anche attualmente, un’ambiguità normativa contrattuale che impedisce, di fatto, un perfetto allineamento dei contratti di secondo livello. Ed è questo il motivo per il quale non è stato possibile concludere definitivamente quel duro percorso intrapreso nell’interesse esclusivo dei dipendenti capitolini e dell’amministrazione di Roma.

La mia amministrazione ha sempre inteso dare un contratto integrativo che potesse restituire sicurezza e dignità al magro salario dei lavoratori comunali, anche in assenza di un doveroso rinnovo contrattuale nazionale, che rimane la strada maestra. L’amministrazione centrale ha invece bloccato i rinnovi dei CCNL, impedendo il recupero della perdita del potere d’acquisto salariale e, come se non bastasse, ha impegnato Roma a un rigoroso piano di rientro e persino ad un risparmio sulla spesa del personale di circa 57 milioni di euro. Ciononostante, la mia amministrazione ha avuto il coraggio e la forza di non diminuire di un centesimo il fondo salariale accessorio dei dipendenti. Questo era il mio compito. Io ho cercato di svolgerlo nel migliore dei modi, non nascondendo le grandi difficoltà.

Naturalmente continuo a ritenere necessario e urgente quell’intervento nazionale atteso invano nei mesi scorsi. E forse adesso quelle misure arriveranno e il lavoro svolto in questi anni potrà giungere al giusto compimento. Per quanto mi riguarda, posso rivendicare di aver dato ai dipendenti capitolini – con i quali in questi 28 mesi ho lavorato proficuamente e sempre fianco a fianco, al di là dei conflitti mediatici creati ad arte da alcuni – un contratto che quantomeno tuteli i lavoratori e il corpo dirigente dell’amministrazione, tutte e tutti voi.

Vi ringrazio davvero per il lavoro fatto insieme: un’unica squadra al servizio della nostra bellissima città. Senza di voi, non avremmo raggiunto i tanti, ambiziosi obiettivi che rimarranno nella storia di Roma.

Un affettuoso saluto a tutte e a tutti.

Autore dell'articolo: Ignazio Marino