ELEZIONI A ROMA: ECCO COME VOTERÒ

Mancano pochi giorni alle elezioni amministrative e a Roma ho deciso che sceglierò chi votare attenendomi a due impegni che pretendo dai candidati.

Il primo impegno che chiedo è che si mantenga la linea di rigore amministrativo avviata dalla mia Giunta nei nostri 28 mesi di Governo. Il secondo è che i candidati ottengano una garanzia scritta dai rispettivi leader che non verrà mai usato contro di essi il metodo-notaio, quello che determinò lo scorso ottobre la caduta della mia Giunta.

Il tema del rigore amministrativo da noi introdotto dopo anni di sprechi sarà cruciale per la mia scelta. Roma, al termine delle stagioni di Francesco Rutelli e Walter Veltroni, aveva accumulato un debito di oltre 22 miliardi di euro e Gianni Alemanno, dopo cinque anni, ci lasciò una città con ulteriori debiti per 816 milioni di euro, zero euro per gli investimenti, zero euro per il trasporto pubblico, zero euro per la manutenzione delle strade, zero euro per la sicurezza degli edifici scolastici, zero euro per nuove case per i più indigenti, zero euro per nuovi asili nido. Soltanto l’Atac (l’azienda per il trasporto pubblico) tra il 2010 e il 2013 aveva accumulato un disavanzo di 874 milioni di euro. Noi abbiamo avviato la strada della trasparenza e del risanamento e non abbiamo creato ulteriore debito per gli italiani. Pochi giorni fa ho annunciato il risanamento di Farmacap che con le sue 45 farmacie comunali nel 2013 perdeva 10 milioni di euro. Tra il 2013 e il 2015 abbiamo risanato il Teatro dell’Opera che nel 2013 aveva circa 13 milioni di euro di perdite e risparmiato decine di milioni nell’azienda dei rifiuti al punto che adesso potranno essere acquistati oltre 20.000 cassonetti nuovi. Per i debiti creati precedentemente alla mia amministrazione in Italia, in tutta Italia, ogni anno, e probabilmente sino al 2040, dovranno essere raccolte tasse per mezzo miliardo di euro per compensare, prendendoli dalle tasche dei cittadini onesti, gli sprechi di decenni.

Il secondo impegno che chiedo ai candidati è anch’esso essenziale e chiama in causa la nostra Democrazia. Esiste infatti una pericolosa tendenza, comune a diverse forze politiche, fra cui il Pd, a tentare di cancellare nei fatti il senso della legge del 1992 sulle Autonomie Locali, quella che legò e dovrebbe legare ancora indissolubilmente il sindaco al territorio e ai cittadini attraverso l’elezione diretta.

Prima di quella legge i cittadini votavano i partiti e poi i partiti, chiusi nelle loro stanze, nominavano i sindaci e le giunte. Come ho raccontato nel libro “Un marziano a Roma” (Feltrinelli 2016), immediatamente dopo le elezioni del 1992, in rappresentanza del movimento referendario, Augusto Barbera, Enzo Bianco e Mario Segni si recarono dal presidente del Consiglio incaricato Giuliano Amato dicendogli che in molti non avrebbero votato la fiducia se non fosse stata accolta la richiesta della riforma per l’elezione diretta del sindaco. Giuliano Amato accettò e in pochi mesi la riforma fu approvata. Ventitré anni dopo il Partito democratico, nell’ottobre 2015, è ritornato con gli eletti della lista “Marchini” e alcuni eletti della destra (raffigurati nella foto) nelle stanze chiuse invece che nell’aperto dell’aula del consiglio comunale, per fare o disfare giunte.

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Dopo quasi un quarto di secolo si è così tornati alla sottomissione del sindaco ai partiti, introducendo la prassi antidemocratica dell’allontanamento del primo cittadino attraverso un accordo consociativo dei partiti di destra e di sinistra, senza una discussione pubblica sulle motivazioni.

Per questo io non potrò votare per un candidato sindaco che non sia in grado di esibire nei prossimi giorni, prima delle elezioni, una lettera scritta dal segretario nazionale del suo partito o dal leader del suo movimento con la quale essi si impegnino a sostenere il proprio sindaco fino alla scadenza del mandato e provvederanno all’espulsione dei consiglieri che chiudendosi in una stanza di un notaio o altra istituzione possano tentare nuovamente di violare il principio della legge del 1992 che volle legare direttamente gli elettori al sindaco eletto. Per me, democratico nel cuore e nella mente, la sovranità degli elettori è sacra e non potrei mai votare chi accetta che al di sopra di essi torni la partitocrazia.

Autore dell'articolo: Ignazio Marino