Mafia a Roma: ora meno soli in questa battaglia

La mafia a Roma esiste, come in Italia e in molti altri Paesi.

L’ho affermato spesso in campagna elettorale, già nella primavera del 2013, l’ho ribadito da sindaco, quasi inascoltato.

Dico “quasi inascoltato” perché, mentre ci si divideva tra chi ne denunciava l’esistenza e chi la contestava, c’era chi, tra tutti il procuratore capo Giuseppe Pignatone, ne definiva incisivamente i caratteri distintivi, l’originalità territoriale, i metodi d’infiltrazione nella comunità civile e democratica, nonché le dinamiche di relazione con la politica.

Dopo gli arresti della Procura di Roma è stato un funerale a svelare al mondo il contesto criminale nel quale la mia Amministrazione si è trovata, sin dall’inizio, ad operare.

Ieri i vivi hanno parlato con il corpo di un morto, quello di Vittorio Casamonica. Nessuno vuole negare una silenziosa pietà umana, proprio nell’anno del Giubileo straordinario della Misericordia ma, come bene ha detto don Luigi Ciotti, non possiamo permettere che il rito religioso sia strumentalizzato.

Per parlare a chi? Non certo alle nostre coscienze. A chi allora?

In primo luogo alla politica e alle sue istituzioni democratiche.

A due mesi dall’inizio del maxiprocesso del 5 novembre 2015 per la criminalità organizzata che negli anni passati ha infiltrato la capitale d’Italia si usa una carrozza, trainata da cavalli, per trasportare una bara e per dire forse che si accetta la sfida?

Mi preoccupa però anche l’altro messaggio, ancora più inquietante. Quello che parrebbe rivolto alle altre organizzazioni criminali. Alla parrocchia don Bosco, al Tuscolano, a due passi da Cinecittà, si è voluto parlare anche alle altre organizzazioni criminali per ostentare la propria forza e il proprio prestigio?

Certo, sono passati i tempi in cui, nell’agosto 2013 il prefetto di Roma, nel corso di un comitato per l’ordine pubblico e la sicurezza negava che a Roma ci fossero fenomeni mafiosi ma solo “fatti e comportamenti riconducibili alla criminalità organizzata”.

Oggi, lo straordinario impegno del prefetto Franco Gabrielli, il lavoro determinato e insensibile alle minacce ricevute che stiamo compiendo ad Ostia, e la nuova consapevolezza della presenza di questo cancro metastatico nella nostra comunità, stanno spingendo tutte le forze democratiche ad unirsi per contrastare questi fenomeni, che sono chiaramente mafiosi.

La mia voce oggi è meno isolata.

Il 27 agosto 2015 il Consiglio dei Ministri riceverà la relazione del Ministro Angelino Alfano e quella sarà l’occasione non solo per fare il punto su un eventuale inquinamento mafioso del Campidoglio – sul quale non mi pronuncio – ma ritengo anche per stabilire quali azioni ulteriori intraprendere perché a Roma vinca la legalità, patrimonio della stragrande maggioranza dei romani e degli italiani.

Autore dell'articolo: Ignazio Marino