La conferenza programmatica del PD

Ecco l’intervento tenuto alla conferenza programmatica del Pd Roma 
sabato 29 novembre – Teatro Quirino  

La conferenza programmatica del principale partito italiano e romano, del mio partito, è per me l’opportunità per fare quel lavoro a cui sono stato abituato nella mia vita professionale: un audit delle cose fatte finora, per analizzare punti di forza e di debolezza e valutare seriamente come continuare a migliorare, proseguendo il percorso intrapreso, un percorso segnato da scelte di profondo cambiamento.

Se pensiamo al Campidoglio come la casa di tutte e tutti, la casa del bene comune, quando ci siamo insediati abbiamo trovato una casa distrutta da incuria, sprechi, inefficienza ed inefficacia, gestione clientelare.

Con le mura pericolanti e gli spazi pieni di polveri tossiche, davanti a noi c’erano due strade.

Ripulire, arredare e mettere i quadri: l’aspetto sarebbe subito stato migliore, ma le mura sarebbero rimaste pericolanti e il futuro incerto.

Oppure ricostruire tutto, garantendo subito solo l’essenziale – un tetto a tutti, per stare nella metafora – e lavorando sodo per rimettere a posto le fondamenta e costruire prospettive meno immediate, ma più serie e credibili.

Non è stata una scelta difficile, non abbiamo avuto dubbi.
Ricostruire dalle fondamenta uno spazio comune sano, attento alle regole, giusto, capace di innovare e crescere.
Cure per sanare, rinunciando ad ogni “palliativo”.
Per me, per tutta la squadra di governo, non c’era alternativa.

Non abbiamo cercato e non cerchiamo un consenso facile.
Non abbiamo cercato e non cerchiamo scorciatoie.
Non abbiamo cercato e non cerchiamo di ripercorrere strade del passato, strade che in passato hanno prodotto anche risultati straordinari, ma che oggi non sono percorribili perché è cambiato il contesto sociale, quello economico e anche il panorama politico.

Abbiamo cercato e cerchiamo ogni giorno di costruire il futuro, guardando certamente all’oggi, ma soprattutto a quello che potrà accadere nei prossimi anni, ai risultati che arriveranno nel corso del mandato, a quello che sarà Roma per la prossima generazione.

I tempi sono cambiati e cambiano costantemente davanti a noi. È la caratteristica del momento storico che viviamo, che chiede scelte lungimiranti e coraggiose a chiunque si trovi ad essere classe dirigente.

20 anni fa, quando da poco era iniziata la prima stagione Rutelli, il PIL dell’Italia segnava un dignitosissimo +2,5 ora il livello è arrivato a – 2. Sempre 20 anni fa i siti web nel mondo erano meno di 20 mila. Oggi sono oltre 1 miliardo.

10 anni fa, nel pieno di un’altra grande stagione di governo cittadino, quando Roma si arricchiva tra le altre cose con le testuggini di Renzo Piano, gli effetti della globalizzazione erano già in atto, ma l’accelerazione seguente è stata travolgente, rompendo gli argini e lasciandoci fragili ed esposti a contaminazioni economiche e finanziarie, a crisi e paure, a flussi migratori, a cambiamenti culturali, ad una disoccupazione ormai devastante.
E Il 2015 sarà un anno complesso dal punto di vista finanziario. Scegliamo allora insieme dove investire le risorse che abbiamo, ma soprattutto facciamolo uniti, uniti.

Come tanti di voi c’ero quando il PD è nato.
Il PD come partito aperto, della partecipazione, delle primarie. Il partito nato per cambiare l’Italia.
Tanto ho a cuore il PD che mi sono candidato alla segreteria – e ripensando alla sfida del 2009 noto come i si e i no che proponevo e che allora ci dividevano oggi sono diventate posizioni di tutti noi: il no al nucleare, il si allo ius soli, il si ai diritti per le coppie gay, il si al testamento biologico, il si ad una riforma del mercato del lavoro nella direzione del contratto unico a tutele crescenti, in linea con le proposte del jobs act.

Il PD è il partito che mi ha sostenuto, nei circoli, nei quartieri, permettendomi di vincere le primarie per diventare sindaco.
Il PD è il partito della cui direzione nazionale faccio parte.

Il Pd è anche il partito che mi ha permesso di esprimermi in libertà, come sa bene Luigi Zanda, mio capogruppo quando lavoravamo insieme al Senato.
Il partito che non mi ha impedito, da semplice senatore, di convocare i gruppi unitari di Camera e Senato perché volevo che le nomine per importanti cariche costituzionali fossero scelte non in stanze chiuse ma con criteri oggettivi e trasparenti.

Sono qui con voi oggi per ripercorrere le scelte compiute, ascoltare le proposte e rafforzare un rapporto di convinta e leale collaborazione reciproca. Senza la quale non è possibile, né auspicabile dal mio punto di vista, immaginare alcuna prospettiva di cambiamento per la nostra città.

I cambiamenti profondi che servono a Roma non li realizza certo una persona da sola, la giunta capitolina da sola o le giunte municipali da sole.
Quei cambiamenti devono essere la sfida di tutti noi e poi di tutte le altre forze sociali, economiche e civiche della città.
Quando ci siamo insediati servivano scelte di rottura, scelte giuste anche se impopolari. E in molti casi le abbiamo compiute.

Ora si tratta di completare quelle scelte, ed è il momento di superare diffidenze e differenze e di unire le forze.
Quando ci siamo insediati servivano scelte di rottura, scelte giuste anche se impopolari. E in molti casi le abbiamo compiute. Ora si tratta di completare quelle scelte, ed è il momento di superare diffidenze e differenze e di unire le forze ed è il momento anche di cambiare quello che finora ha funzionato meno bene nel lavoro di governo. 

Le cose che hanno funzionato meno bene vanno cambiate ma per cambiarle, ognuno di noi, a partire da questa sala, dalla giunta, dai municipi, dai nostri straordinari presidenti di municipi, dal Pd romano, dal Pd nazionale deve fare la propria parte. Ci sono molte aree in cui la città soffre moltissimo, dai rifiuti ai trasporti al decoro.

Penso ad esempio che il Consiglio possa accelerare i propri lavori, mettendo fine alla situazione attuale per cui ci sono 42 delibere approvate in giunta e ferme in Assemblea.

Quando abbiamo scelto di rimettere a posto le fondamenta della casa comune sapevamo che per rispondere alle aspettative con cui sono stato eletto ci sarebbe voluto tempo.

La città non è ancora pulita come dovrebbe. I trasporti non sono ancora all’altezza di una capitale del G8, come non lo è la qualità delle strade. I progetti di rigenerazione sono tanti ma non sono ancora realizzati.

Ogni tanto qualcuno commissiona ricerche e sondaggi a ricordarcelo, ma sono dati che conosco perfettamente, che non mi scoraggiano, perché sono fiducioso che scelte e azioni intraprese produrranno proprio quei risultati attesi, i risultati per cui siamo stati eletti.

Sono sempre stato abituato, da chirurgo, a fare i conti alla fine.
A puntare alla guarigione piena non alle cure palliative che tolgono il dolore per qualche ora ma lasciano che la malattia prosegua il suo corso.
Allora oggi vi chiedo questo. Vi chiedo – e quale occasione migliore di una conferenza programmatica – cosa vi convince e cosa no delle scelte che abbiamo finora compiuto.

E poi, se queste scelte vi convincono, vi chiedo di dirlo forte

Per prima cosa abbiamo rimesso in ordine i conti.
Con il bilancio previsionale 2014, approvato nei tempi previsti dalla legge, abbiamo tagliato 110 mln di sprechi nella spesa corrente e aumentato di 150mln le entrate, proteggendo i più deboli, come con l’esenzione Irpef per i redditi fino a 10.000 euro.

Abbiamo rivoluzionato il modo con cui si costruisce il bilancio, scegliendo il principio dei fabbisogni standard rispetto a quello della spesa storica.
Abbiamo introdotto la centrale unica degli acquisti, che permette di risparmiare oltre 200 milioni.
Abbiamo scelto di tagliare sprechi, coniugando spending review ed equità.
Non sono scelte scontate.

E infatti nessuno le aveva mai prese.

Ma sono scelte che producono risultati chiari e immediati.
Oggi per acquistare una penna paghiamo 0,4 centesimi. Prima ne spendevamo 0,9. Solo sulle penne e la cancelleria risparmiamo così circa 900.000 euro.
Rivedendo i contratti in corso per l’illuminazione pubblica abbiamo attivato un risparmio di circa 1.800.000 euro.
Ancora abbiamo riorganizzato la gestione del patrimonio, riducendo così i fitti passivi del 20%, con un risparmio di 25mln.
Con il piano di rientro abbiamo poi dato prova di serietà e responsabilità: chiuderemo in 3 anni l’ultimo residuo di una scellerata precedente stagione.
Oggi si spende solo quello che si ha.
Una nuova buona pratica che lasceremo alla città e a chi arriverà dopo di noi.

Grazie alla serietà del nostro lavoro abbiamo ottenuto dal Governo 110mln per i costi che sosteniamo come Capitale, in modo che non pesino esclusivamente sulle tasche di romane e romani.
Inoltre il Governo, con cui abbiamo condiviso tutto il percorso del piano di rientro, ci ha autorizzato, 2 settimane fa, a sbloccare 150mln dal patto di stabilità per il 2014.
Risorse che erano bloccate e che ci permetteranno ora di intervenire, insieme ai Municipi, su manutenzione, decoro, scuole, cantieri finora fermi.

Insomma Roma sta tornando virtuosa nella gestione delle spese e delle entrate, condizione essenziale per poter rilanciare gli investimenti per lo sviluppo e migliorare la qualità della vita.

Certo per fare questo sono state cancellate rendite di posizione. Chi vendeva a Roma Capitale non solo le penne ma anche software 8 volte più cari del costo che paghiamo ora è comprensibile che sia arrabbiato con me.
E con lui chiunque altro negli anni ha ottenuto facili guadagni dalle “disattenzioni” dell’amministrazione.

Abbiamo poi avviato il risanamento delle partecipate che offrono effettivamente un servizio alla città, procedendo invece alla dismissione della partecipazione in 25 aziende non strategiche o non utili.
Atac, Ama, Acea, Teatro dell’Opera: in ciascuno di questi casi abbiamo cambiato, risanato, ristabilito le condizioni per restituire alla città quello che merita.
Rispetto al passato e a chi mi ha immediatamente preceduto non ho idea – e non la voglio avere – di chi occupi quali posizioni negli organigrammi interni delle aziende.
Ci sono stati casi in cui la politica ha scelto dall’amministratore delegato agli uscieri: chi ritiene che queste siano le caratteristiche che deve avere il capo dell’amministrazione e ha pensato che io mi comportassi allo stesso modo ha sbagliato.

L’unica cosa che ho chiesto ai manager, che hanno piena autonomia gestionale, è di lavorare con la massima determinazione ed efficienza per restituire le aziende a logiche di servizio, di trasparenza, di utilità per la città.
Anche questo è un cambiamento epocale.
E ancor più epocali sono le scelte sul ciclo dei rifiuti.
Mai nessuno finora aveva compiuto scelte strategiche su un tema così decisivo per la qualità della vita in una grande Capitale: nessun investimento per la raccolta differenziata e nessun investimento in nessuna delle tecnologie disponibili.
Tanto c’era il secondo buco più grande del pianeta (il primo dopo la chiusura della discarica di New York) pronto ad accogliere tutti i nostri rifiuti ed accollarli ai nostri figli.
Non era uno scenario accettabile: per l’infrazione europea, per il monopolio che si era costituito, per la salute, per l’ambiente, per il rispetto delle future generazioni.
Abbiamo chiuso Malagrotta e da 18 mesi stiamo facendo quello che altrove – come ad esempio a San Francisco – è stato fatto in 18 anni.
Questo ha comportato dei disagi?

Si.
Ma nei prossimi 2 anni potremo rendere Roma capace di chiudere il ciclo dei rifiuti, con impianti e tecnologie efficaci e sostenibili, e aziende efficienti. Quello che era un problema sta divenendo una opportunità e una possibile fonte di benessere.

E non tutto accadrà in un futuro ancora distante: la differenziata è già cresciuta, continua a crescere. Ma sono consapevole che dobbiamo fare di più per risolvere il problema dello spazzamento e della pulizia ordinaria delle strade e degli spazi pubblici. Nel bilancio previsionale del 2015 le risorse per il decoro, la pulizia della città, il verde pubblico, devono essere ingenti. E l’Ama deve fare di più, con maggiore senso di appartenenza e di responsabilità verso la città.

L’apertura della Metro C non era affatto scontata quando ci siamo insediati, anzi sembrava destinata ad aggiungersi alle troppe incompiute del Paese.
Abbiamo invece fatto ripartire i lavori, inaugurato la prima tratta, previsto i tempi per l’apertura delle successive stazioni.
Migliorando concretamente la qualità della vita per molti cittadini.

Sulla mobilità si sono annidati molti vizi: salire sui mezzi senza biglietto, parcheggiare senza pagare la sosta o in doppia fila, aggirare sistematicamente divieti e regole.
Tanto c’era l’alibi per tutti di un sistema complessivo inefficace, un sistema malato che stiamo curando a fondo, pur facendo i conti con trasferimenti regionali per il TPL che abbiamo trovato ridotti a zero.
Ma stiamo procedendo ugualmente, cancellando alibi e attivando tutti gli strumenti possibili per migliorare gradualmente il servizio pubblico, per fare in modo che il rispetto delle regole e l’innovazione della mobilità cittadina diventino fra le caratteristiche predominanti della della Capitale di domani.

Abbiamo cancellato 120 delibere di sfruttamento del territorio e ribadito con i fatti il no al cemento sull’agro romano.
Anche in questo caso capisco che qualcuno non abbia gradito, visto che non abbiamo concesso terre ai grandi costruttori. Abbiamo invece scelto di darle ai giovani agricoltori, con 100 ettari già assegnati e altri 500 da assegnare in futuro.

La rigenerazione urbana è per noi una sfida irrinunciabile, che permetterà di cambiare la città e il modo di viverla.

Progetti con investimenti di Cassa Depositi e Prestiti, come per la Città della scienza.
Progetti privati con ricadute in infrastrutture pubbliche e posti di lavoro, come lo stadio della Roma.
Progetti di riqualificazione dei quartieri più in difficoltà, come quello da cui si lavora da un anno per Tor Sapienza.
E poi gli ex mercati generali, il mattatoio, la ex Fiera, Piazza Augusto Imperatore e l’importante progetto del nuovo Stadio della Roma che significherà dotare la Capitale di un impianto capace non solo di costruire benessere con i posti di lavoro che produrrà ma – grazie all’accordo che raggiunto – doteremo la città anche di fondamentali infrastrutture, che saranno realizzate a costo zero per quel che riguarda le casse comunali.

E i progetti minori diffusi su tutto il territorio grazie al lavoro instancabile dei presidenti dei Municipi.
Abbiamo gestito l’emergenza abitativa con rigore nella verifica dei requisiti e presa in carico delle difficoltà delle famiglie.

Abbiamo lanciato i buoni casa per uscire dai residence, e siamo pronti a partire con le prime 200 famiglie, che avranno il contributo iniziale, entro un mese, di 5000 euro per arredi e cauzione e l’affitto pagato per 2 anni.
Abbiamo attivato nuove regole per la morosità incolpevole, con un contributo a sostegno di chi non paga l’affitto perché non è più in condizione economica di farlo.
Abbiamo garantito il finanziamento della delibera 163 che fa arrivare ai Municipi le prime risorse che servono per accompagnare le famiglie in difficoltà.
Abbiamo inoltre avviato un piano per realizzare in 18 mesi 1.072 nuovi alloggi popolari.

Scelte che ritengo giuste e vincenti: l’emergenza abitativa è assai viva, ma abbiamo i percorsi per superarla e in un anno sono crollate le nuove occupazioni abusive.

A me preoccupa più la buca a Tor Sapienza che le luminarie a via Condotti e lavoreremo mettendo nelle periferie la nostra centralità. Mi spiace che qualcuno ha detto che l’altra sera non ero al Teatro dell’Opera ma ero con la mia giunta a lavorare all’assestamento di bilancio per mettere soldi sulle nostre periferie.
Andando a Tor Sapienza sapevo che avrei preso fischi e non applausi ma ero altrettanto convinto che il sindaco dovesse metterci la faccia. Da lì dobbiamo ripartire perché il vero cuore della nostra città sono le periferie. Ed è proprio lì che mi sono emozionato da sindaco rimanendo sotto la pioggia con persone arrabbiate e spaventate. Mi dispiace se qualcuno ha detto che l’altra sera non ero al teatro dell’Opera ma ero con la mia giunta per approvare l’assestamento e spostare risorse per le periferie.

Sul rendere ciascun quartiere un luogo sicuro e confortevole di vita, per chi nasce a Roma e per chi ci arriva per scelta o necessità.
Non sono parole ma impegni precisi, confermati dalla decisione di destinare in assestamento di bilancio 18mln per le periferie.
Ma ognuno di noi, da domani mattina e ogni mattina, quando si sveglia e inizia la giornata, deve scegliere da che parte stare e io sto dalla parte del cambiamento. E continuerò ogni giorno a lavorare senza sosta per dare concretezza alle scelte fatte finora.

Sono convinto che quando ciascuno di voi si alzerà e sceglierà da che parte stare, ci ritroveremo insieme.
Sono convinto che sapremo condividere l’orgoglio per quello che stiamo facendo, rilanciando tra romane e romani la passione e la fiducia che rifioriscono quando il cambiamento appare credibile e realizzabile.
Sono convinto che sempre più cittadine e cittadini saranno con noi.

Sono convinto – e i due giorni passati insieme qui lo dimostrano – che sapremo insieme immaginare e realizzare la nostra Roma di domani.

Grazie.

Autore dell'articolo: Ignazio Marino