Marino ad Affari: “Non è vero che chiusi Malagrotta senza un piano B”

L’ex sindaco: “Il Tmb potrebbe trattare ogni giorno altre 300 tonnellate dei rifiuti che invece giacciono abbandonati sul suolo di Roma”

Caro Direttore,

sono rimasto colpito da un recente articolo legato alle prossime elezioni nella Regione Lazio e la annosa questione dei rifiuti a Roma.   In esso è stato scritto che quando chiusi la discarica di Malagrotta, la più grande d’Europa (in realtà, Malagrotta era nel 2013 la più grande del mondo: ottenne il primato dopo la chiusura di Fresh Kills a New York, successivamente al trasporto dei resti di Ground Zero) lo feci senza prevedere un piano di smaltimento. Questa affermazione è falsa e vorrei fornire ai lettori i dati per valutare ciò che feci. Durante la campagna elettorale del 2013 promisi la chiusura di Malagrotta (che sulla base della direttiva Europea avrebbe dovuto essere chiusa sei anni prima, entro il 31 dicembre 2007). La chiusi in 90 giorni nonostante vaste opposizioni basate anche sul fatto che il suo proprietario, l’Avvocato Manlio Cerroni, aveva ottenuto dalle autorità Italiane, precedentemente al mio insediamento, un aumento significativo della volumetria (nonostante la direttiva Europea ne intimasse la chiusura!). Presi la decisione da solo e quando lo feci, la sera del 30 Settembre 2013, nessuno mi rispose al telefono nè a Palazzo Chigi, nè nella sede della Regione Lazio (volevo informare le Istituzioni della decisione presa e attuata alla mezzanotte di quel giorno con la chiusura dei cancelli).

Chiusi Malagrotta dopo aver ben definito un piano alternativo e avendo individuato i fondi per realizzarlo. Acquistai un nuovo macchinario per il trattamento meccanico-biologico a freddo dei rifiuti indifferenziati (TMB), perché mi resi conto che potevamo avere un nuovo TMB di proprietà pubblica con meno del denaro che davamo ai privati in 1 (una!) settimana per l’uso di un TMB privato. Infatti, Roma pagava oltre 150.000 euro al giorno per l’utilizzo di un TMB di proprietà di un privato e il TMB che acquistai costò meno di 500.000 euro (cioé meno di quanto pagavamo al privato in una sola settimana). Quel nuovo TMB venne definito dai media “il giocattolo di Marino” e l’opposizione del Movimento 5 Stelle affermò che non lo avrebbe utilizzato. Venne trasferito a Ostia dove giace abbandonato.

Se venisse utilizzato al suo massimo regime potrebbe trattare ogni giorno altre 300 tonnellate dei rifiuti, che invece giacciono abbandonati sul suolo di Roma. E sottrarrebbe milioni di euro di profitto ai privati che da decenni si arricchiscono sulla inefficienza del pubblico: inefficienza che appare essere sempre ben programmata se può far arricchire i privati. Ma soprattutto disegnai e feci approvare la realizzazione di nuovi Ecodistretti iniziando con un biodigestore dedicato alla produzione di gas dai rifiuti umidi (come i rifiuti alimentari) che a Roma ammontano a quasi 500.000 tonnellate/anno. Con essi si sarebbe trasformato un problema in ricchezza. Quando venni allontanato con le famose firme dei Consiglieri comunali dal notaio eravamo pronti ad avviare la realizzazione di queste strutture che avrebbero reso Roma in grado di gestire lo smaltimento dei propri rifiuti, fare con essi profitto e interrompere un business che ancora oggi fa comodo solo ai privati. Mi sorprese il fatto che quei progetti (vedi immagini allegate), già finanziati e approvati con il voto del Consiglio Comunale, vennero cancellati dalle Amministrazioni Straordinarie e Ordinarie che hanno seguito la mia, senza sostituirli con null’altro che l’affermazione più volte ripetuta che Marino chiuse Malagrotta senza un piano. E sappiamo bene che se un concetto falso viene ripetuto molte volte diventa vero nell’immaginario collettivo.

Siccome ero ben consapevole della necessità di aumentare l’incenerimento della quota indifferenziata dei rifiuti chiesi ad ACEA, in particolare alla Presidente Avv. Catia Tomasetti, di sviluppare un piano che con il revamping del termovalorizzatore di Colleferro (situato a pochi chilometri da Roma, e gestito dalla società Lazio Ambiente Spa, della Regione Lazio), permettesse di ridurre il conferimento dei rifiuti indifferenziati in altre Regioni d’Italia o all’Estero, con costi assai più elevati. Volevo incrementare lo smaltimento attraverso impianti di termovalorizzazione di proprietà pubblica riducendo la necessità del ricorso al privato. Inizialmente, come può assai bene testimoniare l’allora Presidente di ACEA, Avv. Catia Tomasetti, che partecipò in Campidoglio a tutte le riunioni con il Presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti e l’Assessore regionale Massimiliano Valeriani, il Presidente Zingaretti non prese mai l’impegno di procedere al revamping delle due linee di termovalorizzazione di Colleferro.

Tuttavia, successivamente al mio allontanamento dal Campidoglio, sono avvenuti i seguenti fatti. Con deliberazione del 4 ottobre 2016, n. 572, la Regione Lazio (Presidente Nicola Zingaretti) deliberò la spesa per il revamping delle due linee di termovalorizzazione di Colleferro con un investimento complessivo di euro 34.300.000. Ma il revamping, che avrebbe raddoppiato la capacità di incenerimento dei rifiuti indifferenziati, non avvenne. Infatti, con una deliberazione successiva, del 26 ottobre 2018, n. 614, la Regione Lazio (Presidente Nicola Zingaretti) cambiò idea e deliberò l’interruzione del revamping delle due linee di termovalorizzazione di Colleferro (successivamente all’approvigionamento dei materiali di cui alle gare suddette). La motivazione venne legata alle indicazioni della Unione Europea che ritiene gli impianti di termovalorizzazione dannosi per la qualità dell’aria in relazione alle emissioni prodotte. Certo, lascia perplessi che nel 2022, le stesse forze politiche (PD) rendano pubblica la decisione di realizzare un termovalorizzatore del costo di un miliardo di Euro entro il 2025.

In altre parole, io chiesi di attuare il revamping delle due linee di termovalorizzazione di Colleferro, la Regione Lazio a maggioranza PD nel 2014-2015 non rispose alle mie sollecitazioni ma nel 2016, un anno dopo il mio allontanamento, decise di spendere 34.300.000 per eseguire il revamping delle due linee di termovalorizzazione di Colleferro. Poi nel 2018, dopo aver provveduto all’approvvigionamento dei materiali, il Presidente Zingaretti decide di rinunciare definitivamente al revamping per motivi legati alla qualità dell’aria che danneggerebbe la vita degli abitanti. Tuttavia, sempre nel 2022 viene avviato dal PD il percorso per realizzare un nuovo termovalorizzatore del costo di un miliardo, quindi assai più costoso dei 34 milioni necessari per il revamping del termovalorizzatore di Colleferro e che, in ogni caso, rappresenta una soluzione diversa dalle indicazioni della Unione Europea (che, tra l’altro, richiede lo spegnimento di tutti i termovalorizzatori entro il 2030).

La chiusura della discarica di Malagrotta ha, comunque, determinato un necessario potenziamento della raccolta differenziata. E anche in questo settore riuscii a realizzare dei cambiamenti significativi. Durante i 28 mesi della mia amministrazione, dal 2013 a fine 2015, la percentuale di raccolta differenziata crebbe dal 31,1 % (Bilancio AMA 2013) al 41,2% (Bilancio AMA 2015): un incremento di oltre il 30% in uno spazio temporale assai ridotto. In pratica, in soli due anni, la raccolta differenziata a Roma è cresciuta dello stesso valore percentuale ottenuto nei 9 anni precedenti. Per maggiore chiarezza espositiva è interessante confrontare le dinamiche di crescita a Roma con quelle di altre città italiane in cui si sono sviluppati progetti analoghi. A Milano l’implementazione del porta a porta, su 1.300.000 abitanti, avviene nel periodo 1992-2000 (dal 7% al 28,2%), con introduzione della raccolta separata della frazione organica nel triennio 2012-2014 e con una media di circa 110.000 abitanti intercettati per anno. A Torino l’implementazione del porta a porta, su 400.000 abitanti, avviene nel periodo 2003-2013 con una media di 40.000 abitanti intercettati per anno. A Bologna l’implementazione del porta a porta su, 200.0000 abitanti, avviene tra il 2008 e il quadriennio 2011-2014 anche qui con una media di 40.000 abitanti intercettati per anno. In altre parole, durante il periodo temporale concesso all’Amministrazione Marino, vengono intercettati 370.000 abitanti medi/ anno: un unicum in tutto il panorama nazionale.

A Roma il sistema di raccolta porta a porta venne implementato su 925.000 abitanti dalla metà del 2013, al momento dell’insediamento della Amministrazione Marino, alla fine del 2015. Attualmente, pinvece, il sistema di raccolta porta a porta è stato quasi fermato.

Con il 41,2 % di raccolta differenziata del 2015 (fonte: Bilancio AMA 2015), raggiunto durante i 28 mesi dell’Amministrazione Marino, l’AMA proietta Roma tra le capitali europee più virtuose, peraltro, quest’ultime, dotate di un sistema impiantistico strutturato e funzionale che Roma non possedeva e ancora oggi non possiede: venne pressoché eguagliata la percentuale di Berlino al 42% e distanziate sia Londra al 34% che Vienna al 35%.  Madrid e Parigi si collocavano rispettivamente al 17% ed al 13%.

Sfortunatamente però anche la raccolta differenziata a Roma rallentò durante le successive Amministrazioni Straordinarie e Ordinarie. Nei fatti dal 2016-2017 la crescita nella raccolta differenziata a Roma si arresta. Nel 2016 la raccolta differenziata passa dal 41,2% al 42,88%: solo 1,7% di incremento. Nel 2017, dal 42,88% al 44,33%: solo il 3,4% di incremento. Non cerco alcuna visibilità e scrivo solo perché ho molto sofferto per lo sbeffeggio mediatico subito per circa due anni della mia vita in cui decisi di servire la comunità di Roma. È legittimo e anche desiderabile il dibattito pubblico su alcune scelte (come la chiusura al traffico privato dei Fori Imperiali o la sostituzione della illuminazione a LED, ecc.) ma è doloroso e sterile leggere informazioni che non corrispondono al vero.

Autore dell'articolo: Ignazio Marino