Lo scoop de Il Messaggero: un fatto “storico” avvenuto 4 anni fa, la chiusura di Malagrotta

Non vi sto prendendo in giro!

Lo scoop in prima pagina de Il Messaggero di Roma del giorno 11 luglio 2017 inizia così: “Quattro anni fa avvenne un evento storico per Roma: fu chiusa la discarica Malagrotta” continua con una imprecisione “una delle più grandi d’Europa” (era in quel momento la più grande del nostro pianeta, ndr) e poi aggiunge “Ignazio Marino fa quello che nessuno prima di lui aveva fatto…” e infine riassume che nonostante i Carabinieri “a inizio 2017, per tre volte hanno svolto tre sopralluoghi alla discarica di Malagrotta in cui hanno accertato fuoriuscite di percolato e biogas” (materiali che nessuno che abbia a cuore la propria salute vorrebbe vicino a casa, ndr) “e nonostante il fatto che”, racconta il giornalista, “l’unione Europea ha da mesi aperto una procedura di investigazione … per il rischio inquinamento”, tutto di fatto sia fermo dal 30 settembre 2013, il giorno in cui il Sindaco Marino dispose la chiusura. E` uno scoop importante: è vero, rifletterà qualcuno particolarmente pignolo, ma avviene con 4 anni di ritardo! Dobbiamo però comprendere che ognuno ha i propri talenti e non tutti possono essere Mozart che componeva a 5 anni, né Neil Sheehan che appena cinquantenne vinse il premio Pulitzer per aver raccontato il Vietnam. Quindi sarebbe discriminatorio giudicare male  Il Messaggero solo perché commenta positivamente quella chiusura con circa 1.500 giorni di ritardo.

Quella decisione la presi perché ero convinto che la nostra Capitale dovesse assumere un ruolo di guida per il nostro pianeta e non quello di studente mandato dietro la lavagna con le orecchie da asino. Ma come funzionava prima me lo spiegò bene in quell’estate 2013 l’avvocato Manlio Cerroni in una conversazione avvenuta in Campidoglio che riportai nel libro “Un marziano a Roma” (Feltrinelli, 2016). Trascrivo il racconto.

Avevo chiuso la discarica di Malagrotta dove per cinquant’anni, con la benedizione di sindaci e partiti, erano finiti tutti i rifiuti di Roma ed era stato permesso all’avvocato Manlio Cerroni di garantirsi un giro di affari che fino al 2013 valeva circa centoventi milioni di euro l’anno….. L’enorme fossa …. dal 1974 al 2013 aveva accolto più di sessanta milioni di tonnellate di rifiuti. E la pulizia della città di fatto dipendeva da una sola persona. Un’area della città totalmente concessa da tutti i sindaci, anche quelli eletti non dai partiti ma dal popolo, come Rutelli, Veltroni e Alemanno, agli interessi di un monopolista privato. Pericolosa per la salute di un’intera comunità, ma anche in contrasto con la difesa del nostro pianeta dove i rifiuti devono rientrare nel ciclo produttivo come vetro, carta, cartone, metallo o essere utilizzati per creare fertilizzanti. I profitti economici legati a una discarica di queste proporzioni erano tali che nessuna amministrazione precedente alla mia aveva mai pensato o voluto intervenire. Non si intervenne neppure quando l’Unione Europea aprì una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia perché aveva indicato come data ultimativa per la chiusura della discarica il 31 dicembre 2007. … Quasi tutto, sino alla mia elezione, era gettato nella stessa discarica, dal materasso vecchio, alla radio della nonna che non funzionava più, agli scarti alimentari di casa e dei ristoranti, la cosiddetta frazione organica. In altre parole, dal dopoguerra al 2013 non si era studiato un modello di gestione del ciclo dei rifiuti che potesse prescindere dalla discarica e trasformasse i rifiuti da problema a risorsa…. I sindaci che mi precedettero, invece, decisero che i rifiuti rimanessero un’ottima risorsa economica nelle mani dell’avvocato Cerroni, un imprenditore arrestato il 9 gennaio 2014 ma chiamato, con estremo rispetto, dal quotidiano della Capitale Il Tempo “il Supremo”. Alcuni dati aiutano a capire la dimensione del business dei rifiuti nella Capitale. E anche a immaginare perché nessuna Giunta o Consiglio comunale sia intervenuto nei decenni di amministrazioni precedenti alla nostra. Tra il 2003 e il 2013 nella città di Roma sono stati raccolte quasi venti milioni di tonnellate di rifiuti urbani, oltre quindici delle quali di rifiuti indifferenziati. … Esistendo la discarica di Roma dell’avvocato Cerroni, il ruolo industriale dell’azienda del Comune, l’AMA, è stato sempre residuale. Bastava limitarsi alla raccolta e al trasporto in discarica senza preoccuparsi di azioni più intelligenti come il recupero della carta, del cartone o dei metalli e del vetro affinché fossero immessi nuovamente nel ciclo industriale. Tutto in una buca e punto… Incontrai, l’avvocato Cerroni alcune volte nell’estate del 2013 con Estella Marino, l’assessora all’ambiente, perché intendevo illustrargli la mia strategia per il futuro di Roma e come immaginavo il passaggio dalla discarica, dove buttare tutto, al recupero dei materiali e al mio obiettivo di “rifiuti zero”, la visione per proteggere il nostro pianeta. L’avvocato Cerroni e io siamo profondamente diversi. Come scrissi tempo fa vorrei invecchiare come il cardinal Carlo Maria Martini con quel volto sereno che guarda a chi è più giovane con curiosità e disponibilità. Anch’io, spero, saprò dedicare agli altri quel tempo che spesso ho sottratto agli affetti pensando che un’ora di lavoro fosse più importante di una passeggiata a contatto, o forse sarebbe meglio dire a confronto, con la natura. L’avvocato Cerroni invece si avvicina ai novanta anni con la convinzione, dal suo punto di vista comprensibile, che siano i più giovani a dover guardare a lui con curiosità e disponibilità. In uno dei nostri dialoghi, invece di accettare che mi ero candidato con varie promesse, tra cui quella di chiudere per sempre la discarica di Malagrotta, m’illustrò la sua visione. Raccontò che dagli anni ’60 aveva sempre incontrato tutti i sindaci, da quelli, così disse, voluti da Giulio Andreotti, sino agli ultimi eletti dal popolo, Rutelli, Veltroni e Alemanno, e a tutti aveva spiegato la stessa cosa. “Lei da sindaco ha tanti problemi, lasci che di uno me ne faccia carico io. Lei avrà un problema in meno e la città sarà sempre pulita. Non se ne pentirà”... Pensai, sbagliando, che non lo avrebbero mai arrestato, un po’ perché ottuagenario, un po’ perché mi apparve molto scaltro. Tuttavia, il nostro ultimo incontro il 30 settembre 2013 si trasformò in uno scontro, senza toni di voce accesi, ma ognuno fermo sulle proprie posizioni…..”.

Concludo.

Roma è una città semplice da governare e che potrebbe divenire un esempio per molti Paesi del G7. Servirebbe però l’allontanamento, neanche giudiziario, semplicemente sociale, di chi pensa che il bene comune sia un peccato mortale. E coloro da allontanare, con una sorta di ostracismo, siedono in ogni luogo della nostra classe dirigente.

Ogni luogo.

 

Autore dell'articolo: Ignazio Marino